Capita, a volte, che ci ritroviamo a vivere momenti difficili, caotici, disordinati e disorientanti.
Molto spesso questi momenti influenzano per un periodo più o meno lungo le nostre capacità come ad esempio la capacità di vivere le relazioni interpersonali, la capacità di vivere la socialità in maniera funzionale, la capacità di scegliere cosa sia giusto fare per noi stessi e cosa no o la capacità di pensare e parlare a noi stessi in maniera “costruttiva” o “consapevole”.
In questi momenti tendiamo, in modi diversi, chi più e chi meno, a cercare degli “appigli” degli “ancoraggi”, qualcosa a cui aggrapparci o che ci spinga a riacquistare quell’equilibrio che non viviamo più. E molto spesso in questi momenti, in cui tutto è amplificato a partire dal nostro modo di essere empatici e vivere lo spettro emotivo, basta una parola o un gesto di qualcuno per trovare (o credere di aver trovato) quell’appiglio necessario a sentirsi un passo più vicini all’equilibrio.
Ossessionato nel rintracciare, sia nella letteratura del coaching che nel confronto con diversi colleghi, delle possibili risposte o meglio degli strumenti che potessero funzionare in primis a me stesso e perché no anche a tutti quelli che come me avessero vissuto questi momenti. Mi sono imbattuto in quello che viene definito il “momento rivelatore”.
Il momento in cui inizi a sentire nella pancia un senso di distensione, la tensione sparisce ed è come se sentissi l’aria riappropriarsi dei tuoi polmoni, come se si aprisse una finestra nella stanza dei tuoi pensieri e in te iniziasse ad entrare “aria fresca”.
Vivendo questo “momento rilevatore”, in maniera lucida e consapevole, ho acquisito dei punti di vista che ho trasformato in parole che si sono concretizzate in azioni (o strumenti utili al momento che stavo vivendo).
I pensieri: Siamo noi la nostra cura!
E come tutte le cure, perché funzioni, si inizia dal riconoscere ciò che non va! In base al nostro modo di essere o di sentirci in quel momento, possiamo farlo da soli o lasciarci affiancare da qualcuno. In entrambi i casi ciò che conta è riuscire a dire “So che sto vivendo questo momento disordinato, di tensione continua che non mi permette di …” .
Realizzare questo significa essere capaci, anche solo per un momento, di prendere le distanze dalle diverse reazioni emotive che viviamo e rivedere i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni in maniera del tutto diversa.
Le parole e le azioni: Stabilire delle priorità ed agire!
Ho capito anche che il secondo passo (dalle parole alle azioni), un po’ come accade nella maggior parte delle performance in cui il risultato finale non si cerca ma si costruisce, riguarda la nostra volontà di stabilire delle regole o modalità d’uso/d’ingaggio della nostra cura (tipo il bugiardino con le indicazioni terapeutiche). In molti casi darsi come regola quella di fare nuove esperienze come iniziare un nuovo sport, viaggiare, viaggiare in solitaria…rende il processo di cura ancor più significativo e di valore per noi stessi.
La regola aurea: Consintency!
Come indicazione generale in questo secondo passo ciò che dovremmo conoscere, sviluppare e apprezzare sono due risorse capaci di creare dipendenza per la loro capacità di cambiare il nostro modo di interpretare la vita e ciò che ci circonda. Sto parlando di : Costanza & Determinazione.
In conclusione posso dirvi che a prescindere dalla cura che scegliamo di abbracciare questa sarà vacua se non ci si rende conto che dobbiamo essere noi in primis a voler intraprendere per noi stessi un percorso di cura.