Il “silenzioso grido” , uno strumento capace di destare il disinteressato uditore o catturare l’attenzione del più frenetico e menefreghista interlocutore.
Inizia tutto al primo incontro, Laura era una donna in carriera di 36 anni con alle spalle esperienze professionali e personali che l’avevano portata ad avere una lucida e viva consapevolezza di se, del suo stare nel presente e nelle situazioni che la circondano.
A differenza di molte sue colleghe e coetanee che vivevano l’ambiente di lavoro sorvolando su molte situazioni, Laura era una donna che ci teneva troppo al suo operato a tal punto da vivere alcune circostanze in modo più ansioso del solito, pur non definendosi una persona ansiosa.
Quando gli chiesi di raccontarmi la sua storia o meglio quando tutto questo accadeva, cercando di non tralasciare i dettagli, rispose: “In realtà a rendermi ansiosa in questi momenti è il confronto con il mio superiore”. Non un tremolio nella voce bensì una chiara consapevolezza di ciò che le accadeva. Tutt’al più ciò che ero stato capace di intercettare era una “incazzatura” un nervosismo per una situazione che avrebbe voluto cercare di sistemare.
Continuò dicendomi che ad infastidirla era l’atteggiamento comunicativo del suo superiore quando doveva riportargli delle informazioni o situazioni che richiedevano una certa attenzione o avevano una certa importanza: “mi dice che non mi stava ascoltando e quindi di ripetere o mi dice di non aver capito nulla e mi chiede di ritornare da lui dopo qualche minuto…”. Ma Laura era consapevole anche che a creare quella reazione nel suo superiore era la sua incapacità a gestire gli aspetti para-verbali del suo stile comunicativo: “lo so che parlo veloce ma in quelle situazioni parlo ancor più veloce e a volte con un tono di voce anche più basso”.
Interpretai questa sua “stori-amnesi” secondo quelli che erano gli strumenti del coaching strategico che possedevo ma soprattutto cercando di attingere alle esperienze e i confronti pregressi con i miei insegnanti e colleghi.
Mi era chiaro che nella “stori-amnesi” era presente anche la soluzione e solo che lei non aveva gli strumenti o non era ancora arrivata a sviluppare quel punto di vista necessario per affrontare questa situazione disfunzionale e riuscire nell’intento obiettivo di catturare l’attenzione del suo superiore ed evitare di posporre un confronto necessario e prioritario.
Tutto quello che iniziammo a fare fu concentrarci su due cose: 1. l’utilizzo delle pause “i silenzi assordanti” (della punteggiatura per esser più precisi); 2. la raccolta attiva dei feedbacks durante il confronto (governare la comunicazione in maniera strategica).
Non passo troppo tempo che ricevetti un messaggio: ” E ora come interpreto la sua totale disponibilità all’ascolto delle criticità che gli pongo?”…. qualcosa era cambiato e funzionava ora bisognava fare in modo di imparare “addestrarsi” a governare questa capacità e padroneggiare l’abilità per renderla funzionale nei momenti del bisogno.